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Altri simili luoghi

I “luoghi” dell’esistenza umana sono pregnanti di significati misterici. Simboli, segni, immagini oscure, nel loro improvviso apparire, disvelano nuovi contenuti, spesso legati ai vissuti di chi compie tale esperienza. Così, l’immagine pareidolica, diviene specchio e dimora di quei confini in cui l’uomo, di sovente, cela significati inespressi.

Nel libro, un viaggio di rivelazione fenomenica, individua e distingue “forme” dai tratti inconsueti; esse, libere nella loro espressione e consequenzialità di manifestazione, incarnano messaggi profondi che, catturati, divengono opera dell’ingegno umano.

 

Leonardo da Vinci – Trattato della Pittura (XVI secolo)

Parte seconda / Part two

 Modo d’aumentare e destare l’ingegno a varie invenzioni

 

Leonardo da Vinci

“Non resterò di mettere fra questi precetti una nuova invenzione di speculazione, la quale, benché paia piccola e quasi degna di riso, nondimeno è di grande utilità a destare l’ingegno a varie invenzioni. E questa è se tu riguarderai in alcuni muri imbrattati di varie macchie o in pietre di varî misti. Se avrai a invenzionare qualche sito, potrai lí vedere similitudini di diversi paesi, ornati di montagne, fiumi, sassi, alberi, pianure grandi, valli e colli in diversi modi; ancora vi potrai vedere diverse battaglie ed atti pronti di figure strane, arie di volti ed abiti ed infinite cose, le quali tu potrai ridurre in integra e buona forma; che interviene in simili muri e misti, come del suono delle campane, che ne’ loro tocchi vi troverai ogni nome e vocabolo che tu t’immaginerai.

Non isprezzare questo mio parere, nel quale ti si ricorda che non ti sia grave il fermarti alcuna volta a vedere nelle macchie de’ muri, o nella cenere del fuoco, o nuvoli o fanghi, od altri simili luoghi, ne’ quali, se ben saranno da te considerati, tu troverai invenzioni mirabilissime, che destano l’ingegno del pittore a nuove invenzioni sí di componimenti di battaglie, d’animali e d’uomin

i, come di varî componimenti di paesi e di cose mostruose, come di diavoli e simili cose, perché saranno causa di farti onore; perché nelle cose confuse l’ingegno si desta a nuove invenzioni. Ma fa prima di sapere ben fare tutte le membra di quelle cose che vuoi figurare, cosí le membra degli animali come le membra de’ paesi, cioè sassi, piante e simili.”

 

 Introduzione

Unire e scindere; ribaltare e incrociare; proiettare lo sguardo nel caos del vuoto per scorgerne un pieno di elementi visivi, frutto di quella “percezione rivelatrice” che, in maniera inaspettata, compone forme plasmanti modelli dell’esperienza umana.

E’ la pareidolia (dal greco εἴδωλον, eídôlon “simulacro”, “idolo”, “immagine”, col prefisso παρά, para “simile”), una particolare prerogativa dell’uomo, che vede le proprie origini con la nascita dell’uomo stesso; un’abilità esperienziale che persuade la mente a scrutare tratti irrivelabili ad una prima e fugace visione; una capacità intellettiva che concede la percezione di “strutture simboliche”, situate in contesti spesso inusuali. Il fenomeno pareidolico, in quanto avvenimento misterico, proiettato però in una dimensione empirica, è oggetto di continui studi sia in termini scientifici, sia a valenza simbolico-artistica. I primi si interrogano sui meccanismi attivati dal cervello, capaci di interpretare schemi o tratti casuali come volti umani o altre forme. Di rimando, gli studi simbolico-artistici, pongono al centro dei loro interessi il manifestarsi della “sintesi magica”, quale studio dell’insieme delle forme percepite e del significato misterico ad esse legate.

“ […] Non isprezzare questo mio parere, nel quale ti si ricorda che non ti sia grave il fermarti alcuna volta a vedere nelle macchie de’ muri, o nella cenere del fuoco, o nuvoli o fanghi, od altri simili luoghi […] invenzioni mirabilissime […] ”.

Così Leonardo Da Vinci, nel Trattato della Pittura, esorta coloro che vivono nella “saggezza del creato” a non sottovalutare ciò che si cela in muri imbrattati o in tratti discontinui ed apparentemente privi di significato. Abbandonando “il senso di incomprensione” e volgendo lo sguardo verso nuove configurazioni percettive, l’uomo può giungere ad una diversa forma di “speculazione” atta a concedere all’intelletto percorsi diversi e innovativi.

Dunque, il cammino della cognizione sembra arricchirsi di nuove “tonalità percettive”, rappresentate dalle libere associazioni, proposte dallo stato psichico dell’individuo; capita così che l’eidôlon, o spettro dell’anima, si rifugi nelle diverse forme di vita, dimenandosi, urlando e fuggendo per ogni dove, quasi come un fantasma del tempo, arrestando, tuttavia, il proprio divenire in fugaci momenti, impressionati da occhi attenti.

Cogliere l’attimo della visione percettiva, così come essa desidera manifestarsi, senza alcun espediente e senza aride forzature, questo l’intento dell’autore nell’impressionare, grazie al mezzo fotografico, in “luoghi” semplici ed incondizionati, delle inaspettate rivelazioni simboliche, congiunte da un’anormale significatività. Un’esperienza pregnante di forme e sfumature che vede il proprio svelarsi in “strutture archetipiche”, vale a dire, in quelle lontane rappresentazioni di vita, tramandateci dagli avi ed oggi ancora pulsanti nella coscienza dell’uomo. Tali “strutture” rivivono, dunque, in un fotogramma dove, il fotografo stesso altro non è che testimone di un flusso continuo di “impulsi visivi” presenti nella quotidianità, tanto difficili da percepire, eppure così facilmente afferrabili dalla volontà umana.

[Testo di: Annarita Di Santo]